Partecipanti: Anna Maria Lorusso - Università di Bologna
Una delle dimensioni che organizza e determina il senso in una prospettiva semiotica è certamente quella della regolarità. Se ne è occupata la teoria semiotica di Umberto Eco, prima di lui certamente l'aveva messo a fuoco Peirce, se ne è occupata la teoria semiotica di Lotman.
In una prospettiva culturologica, la questione della regolarizzazione del senso scivola rapidamente nella questione della stabilizzazione di alcuni percorsi interpretativi a scapito della marginalizzazione di altri, in una dinamica in cui si passa dal regolare al normale al normativo.
Da alcuni anni è proprio di questo passaggio che mi sto occupando, cercando di mettere a fuoco come si dà il rapporto normalizzazione-normazione-normatività ovvero, in definitiva, che rapporto c'è fra normalità e norma.
La mia ipotesi è naturalmente che ci sia il più delle volte uno scivolamento molto facile, seppur non sempre legittimo, e che dunque sia opportuno riflettere su come si costruisce quell' "effetto di normalità" che costituisce la base della normalizzazione/normazione delle pratiche socio-culturali.
Obiettivo dunque del mio lavoro (assolutamente in corso) è analizzare come funzionano alcune pratiche che strutturano la costituzione della normalità: produzione di narrative, stereotipi, modelli di cultura, pratiche ideologiche... L'indagine interroga naturalmente più dimensioni, tra cui quella enunciativa, tra sociale e individuale, tra personale e impersonale, e dunque il tema più generale della soggettività. Si parla talvolta - a proposito di stereotipi, regole sociali, tabù - di voci impersonali o, appunto, di narrazioni collettive. Ma esistono i soggetti collettivi? è possibile una enunciazione impersonale?
Molte di queste domande sono per me ancora aperte, ma proprio per questo sarò felice di renderle oggetto di condivisione e discussione.