Partecipanti: Stefano Marino - Università di Bologna
Alla fine del saggio "Critica della cultura e società" (1949) Adorno afferma che "la critica della cultura si trova dinanzi all’ultimo stadio della dialettica di cultura e barbarie: scrivere una poesia dopo Auschwitz è un atto di barbarie, (...) è divenuto impossibile scrivere oggi poesie". Riprendendo la sentenza di Adorno (destinata, com'è noto, a suscitare un vasto e intenso dibattito dagli anni '50 a oggi), seguendo alcuni spunti desunti anche da Horkheimer, Marcuse e Anders, e spostando il focus dell'attenzione dalla poesia alla musica (colta e "popular") e, in generale, ai prodotti della cosiddetta "industria culturale", si cercherà di discutere qui la delicata ma decisiva questione della rappresentabilità o irrappresentabilità dei genocidi (cosa che, implicitamente, contiene in sé anche la questione della comparabilità o incomparabilità della Shoah), ovvero del trattamento estetico dei genocidi in opere della cosiddetta cultura "popular" e di alcune conseguenze etico-politiche che ne derivano.