Le lettere scambiate, di solito con estrema frequenza, tra membri della famiglia temporaneamente separati, documentano in modo straordinariamente ricco il posto che la salute occupava in questo periodo nel quotidiano, il modo in cui la malattia era definita e concettualizzata e le misure prese per combatterla. Comparate con altre fonti attualmente in voga nella storia della medicina le lettere familiari permettono di superare la falsa dicotomia tra medicina domestica e professionale e di verificare in che misura testi a stampa molto popolari, quali i libri per conservare la sanità e i libri di ricette, riflettessero l’effettiva realtà della pratica curativa e preventiva. Esse forniscono inoltre elementi utili per rivisitare la tesi di cambiamenti epocali che avrebbero modificato in questo periodo l’idea di malattia, (divenuta un’entità indipendente invece che il risultato di uno squilibrio umorale), del corpo (che avrebbe caratteristiche universali, non più uniche) e delle terapie (non più personalizzate a standardizzate). Basandosi sulla lettura della fitta corrispondenza intercorsa tra i membri di una famiglia romana di recente nobilitazione tra 1640 e 1680, il paper propone di riflettere sui limiti, oltre che sul potenziale di questa fonte.
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